Difendere la biodiversità dei Castelli Romani

Difendere la biodiversità dei Castelli Romani

Un patrimonio poco conosciuto e in pericolo

Castelli Romani – Centinaia di persone hanno partecipato al progetto di ricerca naturalistica sulla biodiversità coordinato dall’EcoIstituto RESEDA onlus e presentato in questi giorni ad Albano Laziale.

Un progetto innovativo realizzato grazie a una piattaforma per la citizen science e ai volontari che, cellulare alla mano, hanno partecipato al progetto. D’altronde anche quando abbiamo chiesto e ottenuto l’istituzione del Parco Naturale dei Castelli Romani abbiamo dovuto, negli anni precedenti, raccogliere informazioni naturalistiche per giustificare la nostra proposta. Non è un caso infatti che al progetto hanno partecipato alcuni degli ambientalisti del Comitato promotore del Parco, ma non solo, numerose sono le associazioni che hanno aderito e che ora stanno diffondendo i risultati di questa ricerca. A partire dal Coordinamento Natura & Territorio, l’Alleanza per le foreste dei Castelli Romani, il gruppo di volontariato RiforestiAmo, la sezione locale di Italia Nostra, Equincontro natura, Diakronica, Latium Volcano, EcoIstituto RESEDA, Aipin Lazio, Albalonga Walking.

L’incontro di Albano in particolare è stato organizzato in collaborazione con l’associazione culturale FabricAlbano e il nucleo zoofilo dei Castelli Romani.

I risultati della ricerca sono eclatanti: più di 2000 specie classificate, 4200 osservazioni sul campo effettuate da più di 300 osservatori (volontari). Di queste 2000 specie identificate ci sono più di 790 specie di piante, 818 insetti, 82 specie di aracnidi, 110 uccelli, 32 di mammiferi, 107 di funghi.

Da un’analisi statistica i ricercatori che hanno collaborato al progetto stimano circa 4.000 specie in totale, quindi mancano ancora circa 2000 specie da identificare ancora, quasi tutti insetti. Il progetto quindi continua e, dopo una prima fase di elaborazione, si cerca di coinvolgere un maggior numero di volontari, anche attraverso i seminari che sono stati effettuati a Frascati e Albano e quelli in programma a Velletri e ancora ad Albano.

Alcuni studi specifici riguardano l’uso della genetica e dell’analisi del DNA dei mammiferi, in particolare di alcuni predatori e della popolazione dei cinghiali. Questi studi smentiscono le fake news che circolano su questo animale, innanzitutto è stato trovato che appartiene alla nostra specie endemica Sus Scrofa majori e alcuni esemplari alla specie italiana sus scrofa, quindi niente animali introdotti, in una giornata possono percorrere anche 10 km, attraversando di fatto l’intero Parco, dormono 12 ore al giorno e dei 10 cuccioli di media che la madre partorisce ne sopravvivono solo un terzo nei primi mesi, una specie che non è assolutamente in sovrappopolazione ma che è in equilibrio con il proprio habitat ed è importante anche per la sopravvivenza di alcune piante, insetti e uccelli. Ha solo la sfortuna di vivere in un Parco circondato da lottizzazioni che hanno frammentato gli habitat.

Il nostro territorio, come ci spiega durante i seminari Roberto Salustri – coordinatore del progetto, ha una alta biodiversità grazie a una storia geologica complessa e all’esposizione che crea microclimi e habitat naturali molto diversi in cui si sono evolute anche specie endemiche e uniche. L’indice di biodiversità per kmq (kilometro quadrato) è maggiore di quello che si riscontra in Amazzonia, una biodiversità in pericolo a causa delle attività umane che hanno ridotto e frammentato le aree naturali a causa del cemento riversato sul nostro territorio negli ultimi 40 anni, ricordiamo che il prossimo anno il Parco dei Castelli Romani compie 40 anni, un Parco che è stato istituito grazie ai volontari ambientalisti e ai cittadini che ci hanno sostenuto in questa battaglia. Purtroppo gli habitat naturali dei Castelli Romani soffrono anche a causa del bracconaggio, degli incendi, del taglio boschivo, delle discariche e del traffico veicolare, oltre a una pressione antropica che si sta facendo sempre più pesante.

Su più di 8000 ettari di foreste solo un migliaio è rimasto con la flora autoctona a formare un ecosistema naturale, il resto sono foreste a ceduo castanile e, durante i tagli decennali, non si salvano gli alberi autoctoni come le querce, i carpini, gli aceri e il sottobosco tipico delle nostre zone, così importante per i piccoli mammiferi e gli uccelli.

Chi vuole partecipare come volontario al progetto di ricerca scientifica e di difesa della natura può scrivere a ecoistituto@resedaweb.org

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Last Updated on 16 Dicembre 2023 by Autore P

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