Marino chiede liberazione di Patrick Zaky: affisso ritratto a Palazzo Colonna
Marino – E’ stato affisso nella tarda mattinata di oggi, sulla facciata esterna di palazzo Colonna che dà su piazza Lepanto, il banner con il ritratto di Patrick Zaky, lo studente detenuto ingiustamente da oltre un anno in Egitto, realizzato da Francesca Grosso, artista romana di calligraphy art, su commissione dell’Associazione InOltre Alternativa Progressista, promotrice dell’iniziativa alla quale il Comune di Marino ha aderito il 24 febbraio scorso con apposita delibera adottata dalla Giunta Comunale.
Il ritratto riporta le parole della lettera inviata a suo tempo dall’associazione al carcere di Tora in Egitto tradotta in 16 lingue e che ha riscontrato firma di diverse personalità istituzionali, associative, accademiche e politiche.
Lettera sottoscritta anche dal Sindaco Carlo Colizza e dall’Assessore alla Cultura Paola Tiberi il 4 marzo scorso inviandola all’Associazione InOltre affinchè la trasmettesse allo studente detenuto.
“Terremo appeso il banner – hanno dichiarato il Sindaco Colizza e l’Assessore Tiberi – finchè Patrick non sarà liberato. Ci è sembrato opportuno che l’istituzione che rappresentiamo facesse la propria parte per focalizzare l’attenzione sulla vicenda di Patrick Zaky e come segnale di vicinanza allo studente stesso. Ringraziamo l’Associazione InOltre per l’opera di sensibilizzazione che sta svolgendo a favore del ragazzo egiziano e chiediamo a gran voce la sua liberazione. Il passo successivo sarà il conferimento della cittadinanza onoraria che sarà proposto a breve all’attenzione del Consiglio Comunale tutto”.
Patrick George Zaki è un ragazzo di 27 anni di origine egiziana che ha deciso di investire parte della sua formazione accademica in Italia, presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna. Un ragazzo che incarna appieno lo spirito più positivo dei nostri tempi, affamato di conoscenza, aperto al mondo e alla sua diversità, di cui purtroppo ci ritroviamo oggi a parlare non per l’esempio che può donarci ma per la triste vicenda che lo ha colpito il 7 febbraio 2020.
Ricercatore presso la ONG egiziana Egyptian Initiative for Personal Rights, nell’agosto 2019 si trasferisce in Italia per partecipare al GEMMA, un corso di Laurea Magistrale presso l’Università di Bologna inserito nel programma Erasmus Mundus con un curriculum dedicato agli Studi di Genere e delle donne.
La mattina del 7 febbraio 2020, rientrando nel suo paese per una visita ai suoi familiari presso la sua città natale, Mansoura, all’Aeroporto del Cairo agenti dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale (NSI) egiziana lo hanno preso in custodia, facendolo sparire per le successive 24 ore.
Come riferito dai suoi legali, in questo lasso di tempo alternato tra gli uffici dell’NSI del Cairo e di Mansoura, Patrick è stato picchiato, sottoposto ad elettroshock, minacciato e interrogato circa il suo lavoro e il suo annoso attivismo tra diritti umani e civili. Inconsapevole del mandato di arresto che pendeva sulla sua testa dal settembre 2019, dunque, Patrick ricompare l’8 febbraio di fronte ad un pubblico ministero insieme ad una lunga lista di accuse, tra cui la pubblicazione di voci e notizie false volte a disturbare la pace e fomentare il caos, l’incitamento alla protesta senza l’autorizzazione delle autorità, la richiesta del rovesciamento dello Stato, nonché la gestione di un account social attraverso cui avrebbe istigato all’utilizzo della violenza, di atti terroristici, tutto pur di minare l’ordine precostituito e la sicurezza pubblica.
La carcerazione viene così prolungata di 15 giorni per un approfondimento delle indagini, mai avvenuto, e questo modus operandi è stato perseguito nei mesi successivi, in una situazione sempre più complessa dovuta all’esplosione della pandemia da SARS-Cov-2, con seri rischi legati alle condizioni di salute di Patrick, asmatico, e alle condizioni del carcere di Tora in cui oggi si trova. Nessuna certezza per il futuro, nessun rinvio a giudizio, solo ulteriori prolungamenti della custodia cautelare e il moltiplicarsi di preoccupazioni e appelli affinché ciò che oggi è additata da tutti come una violazione dei diritti umani non si trasformi domani in una tragedia ben peggiore.
L’ultima proroga risale al 7 dicembre, in una situazione resasi sempre più complessa dagli arresti di tre esponenti dell’EIPR – il direttore amministrativo Mohamed Basheer, il responsabile del settore criminalità e giustizia Karim Ennarah e il direttore esecutivo Gasser Abdel-Razak – poi rilasciati a seguito delle forti pressioni internazionali sulla vicenda.