Giulia Leo: lettera a Velletri
Una cittadina di Velletri, Giulia Leo, ha voluto scrivere una lettera sua città. La pubblichiamo per intero.
Cara Velletri,
sei strana.
Tutti si lamentano di te, eppure nessuno vivrebbe altrove. Ma lascia che ti racconti di noi.
Siamo divisi in 4 fazioni, tipo la scuola di Harry Potter: centro, periferia, campagna e montagna.
Chi siano i Serpeverde non lo so, ma io (del centro) forse mi sento un po’ una Grifondoro.
Ti vivo, ti passeggio, ti riscopro ogni giorno.
Io del centro dimentico la macchina e ti assaporo passo dopo passo, sampietrino dopo sampietrino.
Sai, sei tanto nuvolosa ed imprevedibile. Ed io non ho mai l’ombrello.
Anche se nel paese accanto c’è il sole, noi diciamo sempre “a Velletri sicuro piove”.
Poi arriviamo ed in effetti sta piovendo.
E alla fine non è che ci dispiaccia cosí tanto affacciarci alla finestra, e fotografare l’arcobaleno che ci regali dopo averci bagnati tutti.
Solo che, magari ci avvertissi in tempo, potremmo togliere i panni dallo stendino senza maledirti ogni volta.
Ma lo sai che il tuo Cuore l’hanno diviso a metà, lo sai? E sono sicura che non lo vorresti, se solo potessi parlare ti arrabbiaresti tanto. Soprattutto con chi ti ha ridotta così.
Dovresti vederlo il Corso del tuo cuore, c’è una metà con le serrande abbassate, i cartelli “vendesi”, “affittasi”, “cedesi”.
É una metà grigia e cupa. Eppure una volta c’era un uomo che suonava il violino proprio lì, ed io l’ho ascoltato ed ho pianto. Ero sola davanti a lui, non c’era nessuno. Non c’è mai nessuno in quella metà.
Ma dimmi Velletri, cos’ha quella metà che non va? È forse malata? A me piace tanto e anzi, sai, quando passeggio è il posto che preferisco.
Prendo il caffè da Vidili, macchiato e senza zucchero. Ordino il pesce al mercato. Poi più giù c’è Piazza Mazzini, che mi sa di famiglia con il gelato in mano, di fiori nei balconi, e profuma di caramelle all’anice dell’Erboristeria, quelle che mi comprava la mia cara nonna quando era qui.
E a Porta Napoletana, la tua perla, c’è il Bargello con quelle ostriche al pistacchio che mi fanno impazzire. Anche se la prorpietaria non mi sorride mai, e tu diglielo se puoi, che sorridere fa tanto bene e che mi piacerebbe se ogni tanto mi sorridesse.
Ma ti consolo: l’altra metà è tutta colorata, forse non così unita, ma almeno è colorata.
I commercianti non sempre vanno d’accordo, forse perché non capiscono che tu sei una sola.
Non capiscono che insieme ti rendiamo forte e sicura, ma che separati ti distruggiamo.
Cara Velletri, lí c’è il negozio che mio padre ha costruito con sangue e sudore. Poi c’è il panino di Giorgio, che è la mia merenda preferita, e c’è il buongiorno del Caffettaiomatto, si quello matto come me, quindi mi sento a mio agio.
Ma non posso dimenticare i Filippi, Zi Bruno, e la Caffetteria, regno della mia adolescenza, dei miei danni, della spensieratezza giovane e leggera.
Eh, che poi da lì si vede la Villa.
Quant’è bella la tua Villa, dove gli innamorati si baciano sulle panchine credendo di non essere visti. Dove i nonni spingono le altalene, ed i ragazzi si allenano all’ombra dei tuoi freschi e maestosi alberi.
Se tu e quella Villa poteste parlare, lei racconterebbe storie meravigliose, ne sono certa.
Storie di amori nati, di pianti per quelli finiti, di feste dell’uva terminate senza memoria ma con il calice attaccato al collo.
Dimmi, ricordi anche tu di quando eri piena di gente? Gente sotto i portici, nei vicoli, nelle piazze, nelle doppie e triple file illuminate dalle 4 frecce. Gente su motorini incastrati e assembrati, che se il Covid di oggi li vedesse si spaventerebbe e fuggirebbe via, lasciandoci finalmente vivere.
Non vorrei sbagliarmi eh, per questo chiedo a te: ma che gli hai fatto alle persone? Perché non c’è piú nessuno? Perché la sera sei così vuota e spenta?
Forse ti sei solo un po’ invecchiata e vai a dormire presto, o forse la tecnologia ci ha tolto il piacere di viverti fino a notte fonda. Che peccato. Sembrava così utile ‘sta tecnologia.
Cara Velletri, sapessi invece per me quanto è bello percorrere le tue strade, soprattutto di ritorno da una lunga vacanza.
È che per me sei un porto sicuro, un rifugio, sei un tesoro.
Sapessi quanto é bello ritrovare i volti amici che ti abitano da una vita.
É che qui tutti ci conosciamo di fatto o di vista, tutti sappiamo, o almeno pensiamo di sapere. E anche quando proviamo a svagare, qualcuno tira fuori la fatidica domanda: “a chi si figlio tu”? E così ci togliamo ogni dubbio e andiamo a dormire felici.
Perdonaci per tutte le volte in cui abbiamo parlato male di te: tu vali molto di più di quanto le persone sui Gruppi vogliano farti costantemente credere. Screditandoti. Annientandoti.
Cara Velletri, avrei tanto altro da scrivere, ma lascio alle persone che leggeranno l’incarico di aggiungere qualcosa di speciale su di te.
A te, la mia amica fidata e silenziosa, che mi porta consiglio senza parlare.
Giulia.