Castelli Romani: Associazione Ponte Donna interviene sulle nuove leggi del Parlamento sui termini maschili

Castelli Romani – Anni e anni, più di 20 ormai, che i centri antiviolenza parlano di violenza strutturale che si annida nella cultura secolare fatta dagli uomini in funzione dei loro bisogni.

La paura di perdere una briciola di potere sta tutta lì, in quella A che oggi anche il Parlamento ha rifiutato, facendo finta che non esista.

Era il 1987 quando Tina Anselmi, presidente della Commissione Pari Opportunità, parlava di linguaggio sessista. Alla fine degli anni 90, l’allora direttore dell’ANSA Sergio Lepri ci parlava di quanto la lingua risponda alle trasformazioni dei comportamenti. Inoltre, si appellava alle testate giornalistiche per un impegno convinto e responsabile dando rilievo a quelle radiofoniche e televisive che si rivolgono a un più largo universo di utenti.
Oggi, l’Aula del Senato ha respinto l’emendamento della senatrice Maiorino che chiedeva la possibilità di adottare la differenza di genere nella comunicazione istituzionale scritta.

152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti.


Oggi possiamo affermare di essere un paese arretrato. Un paese che non ha la volontà di combattere la violenza maschile sulle donne.

Perché le donne rappresentano quei corpi fastidiosi, che non vanno solo umiliati e picchiati, ma soppressi e fatti a pezzi, annullando il loro diritto di esistere.
FONTE: Carla Centioni, presidente Associazione Ponte Donna, che opera ai Castelli Romani, e a Roma e provincia.