La Nazionale Italiana Suore, la prima al mondo composta interamente da religiose

Una nazionale composta interamente da suore e religiose, con il nome Nazionale Italiana Suore, è la nuova realtà calcistica nazionale.
L’idea fuori dagli schemi, nata durante i mesi della pandemia e divenuta realtà da giugno 2021, è di Moreno Buccianti, ex calciatore e già fondatore, nel 2005, della Seleçao dei sacerdoti.
Promotrice dei progetti è la Società Sportiva Lazio per rilanciare le attività negli oratori, anche attraverso lo sport.


Andremo a scoprire con Madre Celeste, insegnante nella scuola paritaria di Ciampino e componente della squadra, come si fa ad unire l’esperienza calcistica con quella religiosa.

Madre Celeste, quali sono i vostri progetti e come avete iniziato?
Abbiamo iniziato da poco, a maggio dell’anno scorso, e da subito è stata una bella esperienza trovarsi e conoscere suore di diverse congregazioni. La prima partita è stata un’amichevole con delle ragazze che provenivano dalla Sardegna,portate da Suor Silvia, una delle nostre giocatrici, e altre ragazze della So.spe, organizzazione di volontariato a Roma. La prima partita ufficiale, invece, è stato l’incontro giocato a novembre a Desio, Milano, dove abbiamo fatto un quadrangolare con la Nazionale Artisti Tv, con la squadra femminile del vaticano, la Rappresentanza Rodinese calcio femminile e le farfalle della ginnastica ritmica che, tra l’altro, hanno vinto l’oro a Tokyo. Per quanto riguarda il futuro stiamo organizzando, almeno con le suore di Roma, un torneo di calcio interscolastico “movimento di squadra” con i bambini di due scuole di Ciampino, (l’Istituto San Paolo della Croce delle Passioniste e il nostro istituto, Maria Immacolata delle Missionarie Claretiane), e l’Istituto Suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea. Per maggio invece, stiamo preparando un altro torneo ufficiale che vedrà coinvolti i sacerdoti e la nazionale delle suore ad Assisi.

Qual è l’utilità sociale di questa iniziativa? Che legame c’è tra i ragazzi e questa esperienza calcistica?
Sicuramente l’esperienza con i ragazzi e le scuole è importante. Sappiamo che lo sport è un valore di per sé, e può aiutare il bambino a creare un ambiente sano. È proprio negli oratori che vorremmo rilanciare, attraverso il calcio, i valori che sono contenuti nel gioco di squadra. Bisogna coltivare ed educare i ragazzi al saper perdere ma anche al saper vincere, abituarli a faticare e raggiungere i propri obiettivi camminando e sognando insieme agli altri. Un altro punto importante per noi è la beneficenza, scardinare il concetto che quando uno deve fare qualcosa per l’altro deve per forza essere un sacrificio. Si può fare del bene anche divertendosi e sfruttando i propri talenti e passioni, proprio come stiamo facendo noi con questa esperienza. In concreto nell’esordio a Desio, a novembre, abbiamo devoluto il ricavato in beneficenza all’associazione Pangea di Milano. Speriamo e cerchiamo di coinvolgere altre Onlus, così da continuare su questa strada.


Pensi che questa esperienza possa arricchirti anche a livello spirituale?
Sì, sicuramente aiuta a scaricare il corpo. La concentrazione nella partita mi aiuta ed essere più lineare, trovare obiettivi ed essere rigorosa. L’incontro con le altre congregazioni mi aiuta tantissimo, c’è dialogo, confronto e sostegno.
Hai subito pregiudizi nel mondo del calcio, prettamente maschile, come donna e come suora?
Sì, in passato sì. Gli adulti, in particolare, sono restii a questa iniziativa. Sono consapevole della difficoltà di questo progetto, del fatto che non sia capito da tutti e che essere insieme donna e suora è visto ancora peggio che essere soltanto una donna che gioca a calcio. Questo non ci scoraggia, l’importante è fare del bene, seguire il vangelo, i valori di Cristo e perseguire gli obiettivi che ci siamo prefissati con questo progetto sportivo.


Pensi che questo sia un modo per scardinare la vecchia immagine un po’ retrograda e modernizzare il mondo della chiesa e la figura delle suore?
Sicuramente la chiesa in alcune cose deve ancora crescere e la vita religiosa dovrebbe modernizzarsi. Abbiamo paura del nuovo e dei cambiamenti ma bisogna adattarsi, il che non vuol dire perdere i valori, ma migliorare e far si che siano più vicini all’umanità. L’unica cosa che conta è non perdere il centro della nostra vita che è Cristo. La chiesa deve fare ancora molti passi e per fortuna Papa Francesco, appassionato di sport e calcio, ci aiuta in questo. Anche il mister è al nostro fianco, tra sport e parrocchia. Lui, credente e appassionato di sport, condivide la nostra missione per aiutare a fare del bene.