Adolescenza, istruzioni per l’uso
Arriva per tutti, a volte in forma più lieve e silenziosa, altre con più voce e impetuosità, e in famiglia è temuta come un uragano.
Parliamo dell’adolescenza, un periodo lungo e significativo che coinvolge tutta la famiglia e che dura diversi anni.
Viene dipinta come un periodo “tremendo” e da “temere”, in realtà è una fase legata alla crescita estremamente importante e sicuramente complessa, nel senso che richiede manutenzione e attenzione.
In modo ormai condiviso si considera l’adolescenza (con le sue varie fasi) il periodo che va dai 10 ai 19 anni, con un inizio differente tra maschi e femmine.
Sulla conclusione, anche tra gli addetti ai lavori, c’è sempre di più un confronto e un dibattito sullo spostare più avanti la sua conclusione.
E’ un periodo in cui intervengono cambiamenti su diversi piani: a livello fisico, cognitivo, relazionale, personale e identitario.
E’ una fase di crescita e cambiamento che non riguarda solo i ragazzi, ma che coinvolge l’intera famiglia: i figli, i genitori e i genitori in quanto coppia.
Un rapporto che con i figli fino a quel momento poteva essere sereno e idilliaco, diventa improvvisamente burrascoso e difficile da capire, ma buona parte di questa difficoltà di comprensione è legata alle lenti che gli adulti utilizzano per guardare questi adolescenti.
È sempre più diffusa la credenza che l’adolescenza sia più un ingombro che un periodo funzionale al tentativo di diventare grandi.
Incontriamo la dottoressa Giulia Sangermano, psicologa clinica e psicoterapeuta familiare dell’Albero della Vita di Genzano, una struttura poliambulatoriale in cui confluiscono tante professionalità del mondo sanitario.
Dottoressa Sangermano l’adolescenza è forse il periodo più complicato della crescita, quello della transizione verso l’età adulta. Che ruolo deve avere la famiglia in questo momento?
L’adolescenza è una fase del percorso di crescita molto importante e densa di sfide e compiti evolutivi fase specifici per i ragazzi. Sottolineo sempre, quando lavoro con i ragazzi e con i genitori la “complessità” di questo momento, dove complessità non è sempre e per forza sinonimo di “complicato”, ma di ricco, articolato, profondo.
I ragazzi di fatto sono stimolati su più piani: sono chiamati a far fronte ad un corpo che cambia e che assume un valore e una funzione; sono impegnati in una nuova “nascita sociale” che li porta ad interagire sempre di più tra pari e ad organizzarsi e ritrovarsi nel gruppo; fanno i conti con il loro debutto affettivo e con l’organizzazione dell’orientamento sessuale; sono coinvolti nella costruzione e nel perfezionamento di un proprio senso etico, di principi e ideali personali; sono impegnati a rielaborare e ripensare il rapporto con i genitori attraverso quel sano percorso di separazione- individuazione. Detto ciò, si evince come la famiglia giochi un ruolo importante nell’ accompagnare i ragazzi in questo processo di fioritura.
I genitori sono chiamati ad essere diversamente presenti nella vita dei loro figli, sono chiamati ad ascoltare, ad osservare, a rispettare e ripensare nuovi modi, tempi e spazi di relazione.
I genitori diventano un “ponte” che li accompagna nel diventare quello che “vorranno essere”, una “rete” pronta ad accoglierli quando cadranno (perché si cade e anzi è importante farne esperienza), una “porta socchiusa” che può essere chiusa o aperta in base al grado di supporto e vicinanza di cui si ha bisogno.
Come possono i genitori aiutare i propri figli, senza interferire, in questa fase in cui è importante l’affermazione personale?
Come ho detto i genitori sono chiamati ad essere presenti ma non a “sostituirsi” ai figli.
Spesso con l’intenzione benevola di aiutarli, di preservarli, di non farli soffrire, di non farli scontrare con il limite e il fallimento i genitori si fanno in quattro per i figli, si intrometto, si sostituiscono appunto.
Ma questo non preserva né tanto meno aiuta, anzi li ostacola nella sperimentazione, nel capire chi sono e cosa vogliono, nel fare esperienza di “sentirsi in grado” e quindi poter credere in sé stessi, nel poter riorganizzare la loro personale “cassetta degli attrezzi”. Anche dal confronto con il dolore, con gli ostacoli, si scoprono le proprie risorse e si sviluppa l’autostima. Si cresce provando, sperimentando, sbagliando, cambiando.
L’affermazione personale, sostenuta dal processo di separazione e individuazione proprio dell’età, passa spesso anche attraverso “la messa alla prova” che gli adulti tanto criticano e guardano con paura. In realtà anch’essa gioca un ruolo rilevante e nel lavoro con i genitori evidenzio quanto è fondamentale non prendere queste provocazioni o attacchi “sul personale”, di capire quanto la sfida è verso il loro sistema di riferimento, dal quale è importante che prendano le distanze per andare a definire sempre meglio chi sono.
Questo non significa ovviamente che gli si permette tutto, anzi, i “confini genitoriali” devono essere saldi, ma vanno rinegoziati e ridisegnati insieme, perché i bisogni e le esigenze dei figli cambiano nelle diverse fasi di crescita.
E’ possibile in qualche modo prevenire e attutire la forza di questo momento, magari preparando i propri figli a questo cambiamento con comportamenti assunti nella fase di preadolescenza?
Questo cambiamento non va né prevenuto né attutito, bensì è opportuno e utile accoglierlo, accompagnarlo e integrarlo all’interno del ciclo vitale di ogni famiglia, perché oltre ad essere una fase importante per i ragazzi, come già evidenziato, è un cambiamento che accomuna tutti i membri della famiglia, ognuno nel suo ruolo.
Più che “preparare i figli” i genitori sono chiamati a sintonizzarsi con questo figlio che “cambia”, che non è più il bambino o la bambina che conoscevano.
La capacità di accettare e di interessarsi al figlio “reale”, ormai divenuto altro da sé e dalle proprie aspettative, rappresentano la via principale per sostenerne la crescita.