Francesco Testa (Checco dello Scapicollo): “Covid-19, ristorazione al collasso. Conviene chiudere”
“Non stiamo lavorando, converrebbe chiudere, le poche entrate non bastano più a sopravvivere” dichiara Francesco Testa, proprietario dello storico ristorante romano “Checco dello Scapicollo”.
“In queste settimane non arriviamo a contare più di 15-25 coperti totali. Le persone hanno paura di mangiare fuori: le famiglie non vengono più nemmeno la domenica“.
Così Francesco Testa denuncia il momento di profonda crisi in cui riversa la sua attività e in generale anche quelle di tutti i suoi colleghi ristoratori.
“Meglio chiudere, invece che andare avanti così” dichiara, accusando anche un forte sentimento d’incertezza generalizzato e la mancanza dello spirito per continuare a lavorare.
Lo sconforto di queste parole trova eco anche nelle affermazioni successive dello stesso Testa, riguardanti la drastica diminuzione dell’affluenza di clienti e la conseguente mancata richiesta di bevande e materie prime ai fornitori, per non sprecare scorte di cibo che, senza clienti, bisognerebbe gettare.
Innumerevoli gli sforzi economici e di sanificazione dei locali per rispettare tutte le regole imposte dal DPCM, tra i quali i molti investimenti per rispettare le norme di distanziamento tra i tavoli all’aperto.
“Abbiamo fatto delle spese per comprare i funghi di riscaldamento da esterno, ma ora con il freddo e ulteriori provvedimenti da parte del governo, non credo che tutto questo sarà servito a molto“.
Francesco Testa, insieme a molti altri ristoratori e proprietari di attività e pub, fa parte dell’associazione M.I.O. (Movimento Imprese e Ospitalità), di cui circa 200 persone costituiscono un gruppo di supporto e confronto, nato per superare il lockdown.
Su Telegram, questo numero sale a 800 utenti: lavoratori che si connettono tra loro, facendosi forza reciprocamente in un momento cui le attività rischiano di non sopravvivere, andando incontro a una chiusura definitiva.
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