L’omofobia costa: Simone Pillon dovrà versare 30mila euro agli attivisti Lgbt
L’omofobia costa. Lunedì la Corte di Appello di Firenze si è pronunciata sul procedimento a carico di Simone Pillon per diffamazione ai danni dell’associazione Omphalos LGBTI e dei suoi attivisti.
Secondo quanto riportato dall’Espresso, la sentenza ha stabilito che dire che un’associazione Lgbt con le sue iniziative nelle scuole “adesca minorenni” o istiga “ai rapporti omosessuali” non rientra nel diritto di critica politica ma nella diffamazione.
Si è trattato di un processo tortuoso, arrivato dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato l’assoluzione pronunciata dalla Corte di Appello di Perugia.
La Corte di Appello di Firenze ha prosciolto l’imputato solo perché il reato si è estinto per intervenuta prescrizione. Tuttavia, ritenendo sussistente in capo all’ex senatore della Lega il reato di diffamazione contestatogli, lo ha condannato al pagamento delle statuizioni civili della sentenza di primo grado e quindi anche alla provvisionale di 30.000 euro riconosciuta dal Tribunale di Perugia, nonché alle spese legali di tutti i gradi di giudizio.
I fatti risalgono al 2014 quando Pillon, allora presidente per l’Umbria del Forum delle associazioni familiari, tenne alcune conferenze pubbliche in giro per l’Umbria. In almeno tre di quelle circostanze, descrisse l’attività che Omphalos LGBTI, storica associazione perugina, aveva organizzato in un liceo cittadino. Gli attivisti, d’accordo con la dirigenza scolastica, avevano svolto un incontro sul bullismo omotransfobico. A ragazzi e ragazze veniva messo a disposizione il materiale informativo dell’associazione sul tema delle malattie sessualmente trasmesse, oltre che sulle attività di Omphalos.
Il materiale in questione finì nelle mani dell’avvocato Pillon che, usandone solo una parte e travisandone del tutto il significato, lo usò in alcuni incontri pubblici per sostenere pubblicamente che l’associazione adescasse minorenni allo scopo di “iniziarli”, nella propria sede, al sesso tra uomini o tra donne. Le parole di Pillon, immortalate in video diffusi sul web, furono da subito oggetto di querela per diffamazione da parte dell’associazione.
Oggi la sentenza fa tirare un sospiro di sollievo agli attivisti Lgbt umbri: “Siamo pienamente soddisfatti per questa ulteriore vittoria giudiziaria – commenta Stefano Bucaioni, presidente di Omphalos LGBTI – viene ristabilita la verità e accertato definitivamente che Pillon aveva gravemente diffamato l’associazione raccontando falsità sull’operato dell’associazione nelle scuole umbre. Come già avevamo detto in più occasioni, l’associazione utilizzerà questi fondi per incrementare le proprie attività di sensibilizzazione, contrasto al pregiudizio e lotta al bullismo omolesbobitransfobico nelle scuole”.
Su Twitter il senatore Pillon ha ribattuto: “Ricorrerò per Cassazione e alla Corte europea se necessario. Opporsi alla dittatura del pensiero unico costa caro, ma non ci fermeremo”.
L’avvocata Saschia Soli che ha difeso Omphalos Perugia insieme all’avvocato Marco Florit, si dice pronta “È una questione di principio di diritto – dichiara a L’Espresso – dire certe cose mette veramente in allarme sia i genitori dei ragazzi coinvolti nelle scuole, sia gli attivisti. L’ex senatore Pillon in Aula ha parlato da padre. Io da madre, mi metto nei panni di un genitore che dopo aver accolto il coming out del proprio figlio, riceve l’informazione che è un adescatore di minorenni. Se questa è critica politica, si apre il mondo. Siamo soddisfatti della decisione della Corte che ristabilisce un principio sano”.
Fonte: L’Espresso