Riceviamo e pubblichiamo: Lavoro nero nella scuola pubblica dei Castelli?
Riceviamo e pubblichiamo lo scritto di Fabrizio Burattini (USB Scuola Roma), che denuncia un episodi di lavoro in nero in alcune scuole della zona dei Castelli Romani.
I primi giorni dello scorso settembre, il ministro Patrizio Bianchi nell’inaugurare il nuovo anno scolastico ebbe a dichiarare: “L’impegno che ci siamo presi era di avere tutti i docenti al proprio posto, e infatti iniziamo l’anno scolastico, per la prima volta nella storia della Repubblica, avendo tutti i docenti indicati dal Ministero al proprio posto”, sciorinando di seguito le cifre sulle presunte performance dell’amministrazione da lui diretta.
Vogliamo qui segnalare un episodio – che casualmente sta coinvolgendo alcune scuole della zona dei Castelli romani – che basterebbe da solo a smentire le imprudenti rivendicazioni efficientistiche del ministro.
Verso metà dello scorso agosto, numerosissimi docenti fino a quel momento precari vengono avvertiti, attraverso la pubblicazione di un decreto sul sito dell’ufficio scolastico del Lazio, di essere chiamati a presentarsi in tante relative scuole della regione per essere assunti a tempo indeterminato e, dunque, per prendere servizio fin dal 1° settembre. Ovviamente una bellissima notizia per loro e, potenzialmente, per tutta la scuola.
Tra questi, in particolare, sei insegnanti vengono convocate per essere assunte come maestre di scuola primaria in un istituto, appunto, dei Castelli. Ovviamente si presentano. Alcune, prese da comprensibile entusiasmo, si recano negli uffici dell’istituto già prima dell’inizio del mese, per conoscere meglio il contesto nel quale, finalmente, potranno iniziare a lavorare stabilmente.
Com’è naturale, a ognuna delle sei la direzione dell’istituto affida una classe e le relative materie di insegnamento. A partire dal primo settembre iniziano, assieme a tutte le loro colleghe, l’attività preparatoria e poi, dal 13 del mese, accolgono i bambini della classe loro affidata, cominciano a conoscerli, cominciano a conoscerne i genitori, quando li accompagnano al mattino o vengono a recuperarli alla fine delle lezioni. E’ un po’ una nuova vita che per loro inizia.
Ancora più in particolare, ad una di loro viene affidata una classe quarta, bambine e bambini di 9-10 anni, che tra l’altro, nel recente passato, hanno avuto una vita scolastica abbastanza travagliata, segnata da continui cambi di insegnante, per una cattedra vacante mai stabilizzata, per il pensionamento prima di una maestra e poi di un’altra. Dunque, i genitori degli alunni erano particolarmente soddisfatti per l’arrivo di una nuova giovane maestra che prometteva di gestire la classe ininterrottamente e con grande impegno professionale.
Passano le settimane e tutto procede nel migliore dei modi. L’insegnante in questione svolge con passione il suo lavoro, tanto da esserle prospettato di assumere anche un incarico di coordinamento, nonostante sia ancora nell’anno di prova. Ma alla fine del mese l’insegnante ha una sgradita sorpresa: tutte le colleghe, comprese le altre cinque che come lei sono appena state immesse in ruolo, percepiscono, come è doveroso, lo stipendio. Anche lei sta lavorando da un mese, ma non riceve neanche un euro.
La comprensibile allarmata richiesta di spiegazioni presso gli uffici amministrativi dell’istituto riceve una risposta del tutto inattesa. La scuola ha scoperto di avere solo 5 posti liberi e dunque i contratti stipulati sono stati altrettanto. La maestra in questione, non si sa se per caso o per scelta, è quella che è rimasta senza contratto. E, naturalmente, senza contratto non c’è stipendio.
La signora ha lavorato già per un mese, ma il suo conto va in rosso. Ma viene rassicurata. “Vedrà” le dicono “ora la cosa si risolverà. Abbiamo allertato l’ufficio regionale che troverà una soluzione”.
E’ ormai ottobre. Relativamente rassicurata la maestra continua a presentarsi a scuola tutte le mattine. Il posto non c’è – dicono – ma la classe quarta in questione continua ad essere affidata a lei, perché non c’è nessun’altra insegnante che possa farsene carico.
Comincia a girare la voce – mai ufficializzata con una qualche comunicazione formale – che l’insegnante verrà destinata ad un altro istituto. Con la ovvia conseguenza dell’allarme di tutti i genitori che già immaginano un’altra giostra di supplenti nella classe dei figli.
Così, questi genitori scrivono una lettera al dirigente dell’istituto che risponde loro sostanzialmente sostenendo che lui non può farci niente. Passano le settimane, arriva anche il giorno dello stipendio di ottobre. Niente per lei. Niente contratto e due stipendi saltati, a fronte di due mesi di lavoro regolarmente prestato. Sostanzialmente la maestra sta lavorando in nero in quell’istituto.
Il 29 ottobre, del tutto casualmente, la maestra in esame scopre sul sito dell’ufficio regionale un “decreto di rettifica” tutto dedicato a lei, che l’assegna ad un altro istituto, in un altro centro dei Castelli. Diligentemente, la signora nel primo giorno utile (il 2 novembre) si presenta nel nuovo istituto.
Dove non è affatto attesa. Nessuno li ha avvertiti di una nuova insegnante in arrivo. Comunque le assegnano una classe prima. Bimbi di sei anni, nella scuola primaria solo da un mese e mezzo. Ma soprattutto quella classe era già stata affidata ad una supplente “annuale” che, alle 10 del mattino, di fronte agli alunni piangenti, viene licenziata su due piedi. La nostra maestra è avvilita. Non voleva essere causa del dolore dei bimbi né della collega supplente. Ma, tant’è. Prende la classe e ricomincia il suo lavoro.
Ma non è finita qui. Passando in segreteria per formalizzare la presa di servizio, scopre che in quel nuovo istituto non ci sono cattedre vacanti sulle quali assumerla. Infatti quella che le è stata affidata ha una titolare, assente per qualche motivo e per questo necessariamente coperta da una supplente.
Questo nuovo istituto ha il merito di accorgersene immediatamente e non dopo due mesi di lavoro, come nell’altro caso, ma la conclusione è la stessa. L’ufficio regionale dovrà trovarle una nuova sede.
Ma la cosa non è semplice, perché ormai le cattedre vacanti sono state tutte assegnate. Come finirà? Dove finirà?
Dunque, le affermazioni del ministro Bianchi sono veramente imprudenti. Noi non sappiamo se il caso di questa insegnante sia un “unicum” oppure ci siano altri casi analoghi o simili in qualche altre parti del paese. Ma già questo potrebbe bastare a smentire quelle affermazioni.
Solo questo caso ha già sconvolto il funzionamento di due classi (complessivamente una cinquantina di alunni e altrettante famiglie) nelle quali la tanto necessaria continuità didattica è stata compromessa, per non parlare della vita e delle finanze della maestra.
Fabrizio Burattini (USB Scuola Roma)