Roma – Storie del pranzo di Capodanno
Roma – Secondo la leggenda fu il secondo re di Roma, Numa Pompilio, a introdurre nel 713 a.C. i mesi di gennaio e febbraio nell’allora Calendario Romuleo che aveva inizio il 1 marzo, mese dedicato al dio Marte in cui si festeggiava la rinascita della natura.
Anche se alcuni attribuiscono la modifica del Capodanno al 1 gennaio a Giulio Cesare, con l’introduzione del Calendario Giuliano, la data era già stata trasferita da oltre un secolo.
Fu, infatti, Quinto Fulvio Nobiliore che, eletto console nel dicembre del 153 a.C., chiese al senato di poter entrare in carica immediatamente, invece di aspettare marzo come da prassi. La ragione, puramente pratica, volta a sedare la rivolta dei Celtiberi in Spagna, divenne consuetudine.
Gennaio era il mese dedicato a Giano Bifronte, al quale il Pontifex Maximus offriva sale, farro e una focaccia a base di farina, olio, uova e formaggio grattugiato, per ingraziarsi il favore del dio per i campi e i raccolti.
Durante il Capodanno, i romani, dopo aver destinato qualche ora al lavoro, erano soliti ritrovarsi a pranzo con familiari e amici, con i quali si scambiavano le Strenae, cioè datteri, fichi secchi, vasi di miele, foglie e rami di alloro raccolti nel bosco lungo la Via Sacra. Nelle tabernae, rimaste aperte, il vino scorreva in abbondanza.
Al momento dell’ultimo brindisi, per propiziarsi la fortuna, gli avventori immergevano le dita nel calice e sfioravano una statuina di legno del dio Dioniso – il Bacco romano – collocata su una roccia. Una piccola scaramanzia giunta fino ai giorni nostri, quando a tavola si rovescia del vino e abbiamo l’usanza di bagnarci un dito per toccarci la fronte!
Last Updated on 29 Dicembre 2022 by